Delibera n° 09/09 dell’11.7.2009 (Belluno – Feltre, Conciliazione)
L’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati riunita a Belluno – Feltre l’11.7.2009 in assemblea, all’unanimità, ha così deliberato:
L’Assemblea dell’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati
Ritenendo e Considerato
– che la legge 18 giugno 2009 n. 69 contiene un’importate delega in tema di conciliazione delle controversie civili e commerciali all’art. 60 dove dispone al c. 1 che “Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge – 4 luglio 2009 – uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale”
– che nell’ambito della delega dovranno venire individuate le tipologie di controversie alle quali applicare le procedure conciliative e dovranno valutarsi i criteri circa la modalità di introduzione della conciliazione e la composizione degli organismi di conciliazione;
– che il requisito principale su cui si basa la conciliazione – mediazione efficace è sicuramente la volontà delle parti volta a trovare una volontaria soluzione alternativa alle controversie;
– che un’eventuale imposizione o obbligatorietà della procedura porterebbe al fallimento dell’istituto;
– che nella previsione della lett. p) ove si introduce il meccanismo per cui la parte “vittoriosa” in giudizio che abbia precedentemente rifiutato un accordo che sia stato proposto in sede conciliativa e che si sia poi rivelato corrispondente “interamente” al provvedimento conclusivo del Giudice, potrà venire esclusa dalla ripetizione delle spese e condannata pur essendo parte vittoriosa, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente , salvo quanto previsto dagli art. 92 e 96 del cpc, nonché al pagamento di un’ulteriore somma, si sottintende il versamento del verbale della procedura di conciliazione nella causa giudiziale;
– che tale ultima previsione contrasta con il principio di riservatezza degli atti delle procedure ed in particolare delle procedure di mediazione e conciliazione – ad esempio espressamente previsto nella mediazione familiare;
– che, inoltre, la previsione di cui all’art. 60 lettera p) introduca una ulteriore ed ingiustificata responsabilità
D E L I B E R A
all’unanimità, che la conciliazione, nelle disposizioni attuative come disposte dall’art. 60 della L. 69 del 18.6.09, debba essere sempre rimessa alla facoltà delle parti, essendo pacifico che l’obbligatorietà della stessa ai fini deflativi del carico contenzioso si tradurrebbe in una inutile fase prodromica del contenzioso stesso, con conseguente aggravio dei tempi e dei costi del giudizio, come nelle molteplici esperienze pregresse;
Ulteriormente, sempre all’unanimità
D E L I B E R A
– che nella procedura, anche agli effetti della eventuale successiva fase contenziosa, venga rispettato il principio della integrale riservatezza con il divieto del versamento nella causa dei verbali e delle proposte formulate nella fase conciliativa esperita in precedenza senza risultato, salvo contraria e concorde volontà espressa delle parti;
– che venga fissato il criterio, di matrice comunitaria, per cui l’organismo di conciliazione debba essere tenuto distinto e separato dagli organismi arbitrali;
– che siano previste precise ed inderogabili norme che garantiscano l’indipendenza, l’imparzialità del conciliatore, la sua professionalità e precise ed inderogabili norme deontologiche con particolare riferimento alla incompatibilità della figura di mediatore o conciliatore da quella di arbitro nella medesima controversia ed all’interno dello stesso organismo;
– che siano previsti nei regolamenti di attuazione idonei criteri automatici di nomina e assegnazione delle procedure di conciliazione, nell’ambito delle rispettive specializzazioni;
– che sia prevista obbligatoriamente l’assistenza tecnica delle parti da parte di un professionista abilitato, quantomeno nei limiti dell’obbligatorietà del patrocinio giudiziale così come fissato dal codice di procedura civile;
E S P R I M E C O N T R A R I E T A’
– ad ogni iniziativa che, disattentendendo i principi sopra indicati, vada a stravolgere gli istituti della conciliazione, della mediazione e dell’arbitrato trasformandoli in strumenti volti solo a sottrarre giurisdizione con grave nocumento dei diritti costituzionali dei cittadini;
E S P R I M E C O N T R A R I E T A’
Con riferimento al disegno di legge 1167, articoli 23 e seguenti – in tema di conciliazione e arbitrato – ed i particolare sui punti di seguito enunciati;
– alla disposizione prevista nell’art. 23 2° comma laddove “nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro” in quanto sottrae giurisdizione al cittadino;
– alla disposizione del comma 4° laddove pare ampliare, anche sul piano definitorio, l’ambito di intervento della certificazione;
– alla previsione dell’art. 23 5° comma laddove oltre i consigli provinciali dei consulenti del lavoro non preveda tra gli organismi anche i consigli dell’ordine degli avvocati;
– alla previsione dell’art. 24 1° comma in quanto non prevede l’obbligo dell’assistenza legale, nel tentativo di conciliazione, ed al contrario afferma che lo stesso può essere proposto “anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato” ed in quanto non prevede più l’accertamento della regolarità formale del verbale di conciliazione da parte del giudice in sede di dichiarazione di esecutività dello stesso e la certificazione dell’autografia della sottoscrizione delle parti;
– alla previsione dell’art. 24 1° comma laddove non si rende facoltativa l’adesione del convenuto alla procedura e si prevede che “Entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta del tentativo di conciliazione, la controparte deposita presso la commissione di conciliazione una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale”;
– alla previsione dell’art. 24 2° comma laddove si prevede che “Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell’articolo 415 devono essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito.”;
– alla previsione dell’art. 24 3° comma laddove si preveda che le parti possono affidare “alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia”;
– alla previsione dell’art. 24 4° comma laddove genericamente si prevede che la conciliazione e l’arbitrato “possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative”;
– alla previsione dell’art. 24 comma 5° laddove si prevede che “i contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte”;
– alla previsione dell’art. 24 comma 6 ove si prevede che la clausola compromissoria, ovvero il compromesso, siano certificati da una commissione di certificazione dei contratti di lavoro, prevedendo un’estensione della possibilità di ricorso all’arbitrato, in quanto tale principio potrebbe collidere
col divieto costituzionale di arbitrati obbligatori (Secondo la Corte costituzionale, infatti, l’istituto dell’arbitrato non è costituzionalmente illegittimo esclusivamente nelle ipotesi in cui ad esso si ricorra per concorde volontà delle parti: soltanto in tale circostanza, infatti, sono consentite deroghe al fondamentale principio della statualità della giurisdizione. Negli altri casi si verifica un contrasto con il principio di cui all’art. 102, primo comma, della Costituzione, con connesso pregiudizio del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione);
– alla previsione dell’art. 24 7° comma laddove si prevede che “gli organi di certificazione” di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, possono istituire “camere arbitrali” ed al successivo comma 8° che possano esperire il tentativo di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile;
– alla previsione dell’art. 26 laddove introduce l’obbligo di pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo per le controversie in materia di lavoro;
E S P R I M E C O N T R A R I E T A’
– alle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, procedura recentemente introdotta da Banca d’Italia come sistema di soluzione stragiudiziale delle controversie che non ha natura conciliativa, in quanto, a differenza della conciliazione, non mira al raggiungimento di un accordo tra le parti sulla base di un’eventuale proposta formulata dal terzo (“conciliatore”), trattandosi, invece, di un organismo il cui compito è quello di assumere una decisione inidonea a sostituirsi a quella dell’autorità giudiziaria. A decidere sarà un collegio (ne sono previsti tre: a Milano, Roma e Napoli), con un presidente, due rappresentanti della Banca centrale, uno ciascuno delle associazioni di intermediari e clienti (le quali per poterlo nominare devono essere accreditate dall’organismo stesso); con la conseguenza che si viene a precostituire ed istituzionalizzare un organo, nei fatti di giurisdizionale privato, a cui il cittadino è chiamato ad aderire senza avere il diritto di nominare un proprio arbitro e senza che sia prevista obbligatoriamente l’assistenza legale (sul presupposto – dichiarato da Banca Italia- che l’assistenza legale non è necessaria trattandosi di controversie di ridotto valore economico – sino a 100.000 euro!- e che l’assistenza tecnica potrà essere fornita dalle associazioni della clientela); al contrario si prevede che il ricorso può essere presentato per conto del cliente anche “da altro rappresentante a ciò autorizzato” il che consente ogni forma di rappresentanza legale, volontaria e tecnica del cliente anche da parte di soggetti non iscritti all’albo degli avvocati e che non offrono garanzie tecniche; infine proprio per scoraggiare l’assistenza tecnica di un legale questo organo decidente non può condannare la parte soccombente al rimborso delle spese e degli onorari di difesa a favore dell’altra parte, ma solo rigettare o accogliere, in tutto o in parte, il ricorso. Sul punto si noti quanto scrive Banca Italia “appare del tutto logico e coerente che le associazioni di categoria, abilitate a presentare il ricorso per conto del cliente, possano anche assisterlo nella redazione del ricorso. La possibilità di rivolgersi a un’associazione, specie per soggetti sprovvisti di un’elevata cultura giuridico-economica, può mostrarsi utile a rafforzare l’accesso alla tutela stragiudiziale e risultare meno costosa del ricorso a un professionista.”
E V I D E N Z I A
In merito alle altre previsioni contenute nella normativa di cui alle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari la non opportunità a che la possibilità di adire l’Arbitro Bancario Finanziario sia subordinata alla presentazione di reclamo presso l’intermediario (mettendo questi in grado di approntare ancor prima dell’inizio della vertenza le sue difese) e che la decisione sul ricorso venga assunta sulla base della documentazione raccolta nell’ambito dell’istruttoria, senza neanche l’obbligo di sentire le parti!
La procedura sopra delineata s’incentra su un soggetto promanate da chi detta le regole e ne controlla l’applicazione e sulla base delle suddette disposizioni ora assume anche una funzione “paragiurisdizionale”; in quanto non è espressamente specificato il principio di non vincolatività del precedente “giurisprudenziale” della decisione, anzi prevedendosi l’obbligo di tener conto degli orientamenti seguiti dall’organo decidente.
Con l’applicazione della detta normativa si propone un organo di giustizia privatistico carente del requisito indispensabile della terzietà con il serio dubbio che lo strumento alternativo ivi previsto sia solo funzionale in favore degli Istituti Bancari e degli altri soggetti individuati quali garanti (associazioni) con esposizione a gravi rischi per i diritti dei cittadini, fattore quest’ultimo inaccettabile.
Con mandato all’Ufficio di Presidenza di divulgare il comunicato e di darne attuazione.