Si riproduce il testo comune ai Tre Distretti di Corte d’Appello e si allegano in calce i testi dei discorsi dei Presidenti di ciascun Distretto (Veneto, Trentino – Alto Adige, Friuli Venezia Giulia)
Ormai da anni l’Avvocatura italiana chiede che si prenda atto della centralità del problema della Giustizia italiana e della situazione intollerabile in cui essa si trova e chiede che vi si faccia fronte con un momento di confronto e dibattito corale di tutte le componenti, per avviare un intervento organico, razionale, efficace, al quale destinare le risorse necessarie (non poi molte in più rispetto a quelle già esistenti, soprattutto quando si includa nel progetto la razionalizzazione di quelle impegnate)
Da sempre, peraltro, questa pur ragionevole proposta, così all’evidenza motivata, viene disattesa.
Le risorse sono state dapprima ridotte, con conseguenze gravissime proprio su quei progetti (il processo telematico) che dovevano consentire effettivi miglioramenti della situazione, poi per parte ripristinate: si è, per vero, anche posto mano con lodevole impegno al recupero di trascurate ma cospicue “giacenze”, ma si è anche mirato ad incrementi delle entrate imponendo aumenti dei costi a carico dei cittadini per l’accesso alla giustizia; per quanto alle uscite, esse sono state contenute provocando paralisi di funzionamento e con misure vessatorie a carico dei cittadini e degli avvocati, e così con la negazione del diritto del difensore ad effettivo compenso per il patrocinio a spese dello Stato, dilazionandolo “alle calende greche”, tanto quanto all’effettivo diritto del cittadino al risarcimento per i ritardi della Giustizia, destinando a tale capitolo fondi largamente insufficienti rispetto al previsto fabbisogno.
Per la Giustizia, poi, nulla si è fatto, quantomeno di organico e con effetti di lungo termine. Si è proseguito con interventi d’ occasione o “emergenziali”, sempre comunque “asistematici”, spesso dovendo innestare la retromarcia (si pensi agli ultimi interventi legislativi in materia di sicurezza), con “annunci” discutibili, privi di reale seguito di contenuto e che hanno portato solo ad ulteriore incertezza. La “qualità” della legislazione è rimasta pessima, quale già da tempo. Non è certo un successo che i 1364 commi dell’ unico articolo della Finanziaria 2007 siano diventati, in quella del 2008, “solo” 1193, ripartiti in ben 3 articoli: tra di essi, essendo ovviamente la legge finanziaria la sede a ciò deputata, anche l’ inserimento di una nuova “azione” processuale.
Nella Giustizia penale, il provvedimento di indulto ha ridotto, per un momento, il sovraccarico carcerario, ma la situazione delle carceri è ritornata rapidamente all’inaccettabile punto di partenza.
Nella Giustizia civile, ci si è limitati all’ enunciazione programmatica di obiettivi giusti e condivisibili per quanto all’ accelerazione dei tempi processuali, ma irraggiungibili senza impegno di adeguate risorse e che si è ipotizzato di poter risolvere con inaccettabili, abusati espedienti di nessun risultato effettivo nel tempo: “rottamazione” del carico pendente, maggior impiego di magistrati Onorari (ove “onorario” si traduce in: “di serie B2 e “pagato a cottimo”): nulla sulla assolutamente indispensabile e da tutti richiesta, riduzione dei riti (venticinque, ventisei … si è perso il conto) anzi aumentati con la nuova “azione collettiva dei consumatori”, inserita, come si è visto, nella “Legge finanziaria”.
Per quanto all’ Ordinamento giudiziario, un’affrettata modifica dell’ultima ora, subita dal Governo sotto la pressione della magistratura associata ed imposta al Parlamento a colpi di fiducia !
Le conseguenze di tutto questo assieme hanno portato la Giustizia italiana ad una situazione ancor più (e pareva impossibile) di assoluta emergenza, già chiara agli addetti ai lavori ma manifestatasi con drammatica “virulenza” al mondo politico ed ai cittadini nelle vicende di questi giorni, pervenute addirittura a sfociare in una crisi di governo; vicenda che non va considerata come un fenomeno eccezionale, se pur eccezionalmente clamoroso, ma come una situazione “consentita” dallo stato di abbandono, in cui si è lasciata la Giustizia e conseguente alla mancanza di reale attenzione e di effettivo impegno per la Giustizia stessa.
Eppure i segnali positivi, che un’attenta ed intelligente politica avrebbe potuto cogliere e valorizzare, non sono mancati.
Le soluzioni “sperimentali” avviate “dal basso” in molte sedi giudiziarie e concretizzatesi in “progetti pilota” o, più semplicemente, ma pur efficacemente, in “Protocolli” per la gestione del processo, o anche ancor più semplicemente (vanno anche considerate le dimensioni degli uffici) in confronti tra Consigli dell’Ordine e responsabili degli uffici giudiziari, hanno dimostrato, oltre a risultati concreti spesso perfino inaspettati, una nuova attenzione ed un nuovo impegno da parte delle componenti più attente ed efficienti della Magistratura e dell’Avvocatura nella comprensione effettiva che la Giustizia è al servizio del cittadino e dello Stato e che su questa strada ci si deve muovere.
Iniziative moltiplicatesi a macchia d’olio o almeno a “pelle di leopardo”, spesso con collaborazione attiva anche del personale amministrativo, per corretto spirito emulativo.
Occorre quindi che il mondo politico sappia girare pagina, capire la centralità del problema della Giustizia e la condizione di emergenza in cui essa versa, partire chiamando a raccolta e valorizzando quel mondo di serio impegno e di capacità e conoscenza effettiva dei problemi che esiste nel mondo giudiziario e che è pronto a dare il proprio contributo, anche e prima di tutto “mettendo le spalle sotto”.
Gli Ordini, le Associazioni, gli Avvocati del nostro Distretto, coesi e coordinati nell’ambito dell’Unione Triveneta, raccordati con l’Avvocatura nazionale in cui ricoprono ruoli di primaria responsabilità, sono pronti a dare il loro contributo.
Chiediamo nuovamente e come sempre sostegno anche al mondo politico delle nostre Regioni, che però sappiamo già sensibile sull’ argomento nella comprensione che il buon funzionamento della Giustizia anche in sede locale è condizione necessaria per la qualità della vita dei cittadini e per il buon funzionamento dell’economia.