Delibera n° 04/09 – Assemblea di Bolzano del 18.04.09
L’Assemblea dell’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, riunita a Bolzano il 18 aprile 2009, dopo ampia discussione, all’unanimità
delibera
La formulazione delle seguenti proposte di modifica alla normativa n. 1441 bis – B in discussione avanti alla Camera dei Deputati:
In un ottica deflattiva non appaiono condivisibili gli emendamenti 46.2, 46.3 volti al comma 1 a sopprimere la lettera c) e conseguentemente sopprimere il comma 2.
Con riferimento agli emendamenti 46.5 e 46.4 pare preferibile il primo; l’emendamento 46.5 sembra intendere che la copia cartacea della procura generale, o speciale separata ai sensi dell’art. 83 secondo comma può essere autenticata a mezzo della firma digitale dell’avvocato, e quindi ha un senso: specifica ed amplia il potere dell’avvocato, fugando ogni dubbio in proposito. Sarebbe opportuno mantenerlo come periodo e non comma autonomo, dal momento che il comma 3 è dedicato ai poteri dell’avvocato. L’emendamento 46.4 sembrerebbe voler spostare l’identica previsione prevista dal comma 10 lett.b, trasformandolo in un comma autonomo. Non è chiaro se preveda come conseguenza la soppressione del comma 10 lett. c: se così fosse lascerebbe aperto un vuoto legislativo, anche per quanto attiene la produzione in sede di processo civile telematico di una procura notarile conferita su cartaceo per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, facendo riemergere problematiche interpretative ed attuative. Inoltre l’inserimento in un comma autonomo, che diventerebbe il 4, non avrebbe senso e sarebbe più opportuno spostare l’emendamento al secondo comma dell’art. 83 c.p.c., congiunta al testo precedente da un “ovvero”, perché diversamente si potrebbe pensare ad un tertium genus.
Condivisibile, anche in un ottica accelleratoria, l’emendamento 46.7 che consente di dare rilevanza probatoria alla contumacia estendendo gli effetti dell’art. 115 c.p.c. per i fatti non specificatamente contestati (circa l’opportunità di9 questo intervento si pensi che nelle cause contumaciali non potrebbe trovare corso neanche la testimonianza scritta) ; occorre –però- integrare la previsione normativa introducendo tra gli avvertimenti di al n. 7) del primo comma dell’art. 163, anche quello relativo agli effetti derivanti dalla modifica dell’art. 115 c.p.c..
Contrarietà, per le ragioni più volte espresse, all’emendamento 47.1.
La proposta che subordina l’assegnazione dei termini di cui al sesto comma alla ricorrenza di giusti motivi, è destinata a risolversi solo in un possibile pregiudizio per le parti, senza alcun corrispettivo in termini di accelerazione del processo.
Infatti:
a) da una parte c’è la valutazione della sussistenza di giusti motivi, che, oltre ad impegnare il giudice in una necessaria motivazione per ritenerli sussistenti o insussistenti, con seri pericoli di trattamenti disparitari a causa della latitudine della discrezionalità, rischia di pregiudicare seriamente i diritti delle parti (si pensi all’attore che non ha la certezza, attesa tale discrezionalità, di poter replicare con una memoria alla costituzione del convenuto in udienza, vedendosi costretto a svolgere tale attività – esame della comparsa e replica – in udienza) e comunque la proposta appare figlia di un’inaccettabile visione del processo di stampo autoritario, che vuole i difensori delle parti sostituiti dal giudice nella valutazione della completezza o non dell’assetto difensivo e così della necessità o non di dedurre ulteriormente;
b) dall’altra c’è un risparmio, meramente virtuale, di … 80 giorni, dinanzi a giudizi che durano, solo per i gradi di merito, se va bene meno di dieci anni!
Pur tenendo in considerazione le ragioni che sostengono tale modifica deve essere ribadito il grave difetto di proporzionalità tra il risparmio di 80 giorni nella durata di un processo che nella migliore ipotesi dura un paio d’anni in primo grado e nel quale i termini difensivi concessi alle parti nell’intero giudizio non superano complessivamente (sino alla Sentenza) i 160 giorni e la costrizione delle parti a definire an e quantum del processo, in materie di per sé complesse e variegate quali quelle civilistiche, rispettivamente con citazione e comparsa di risposta.
Invero influiscono negativamente sui tempi del processo: il tempo per poter fissare l’udienza di prove (l’esperienza ci insegna che spesso oggi non viene rispettato il termine dei 30 giorni per il deposito delle ordinanze istruttorie così come previsto nell’art. 183 cpc), quello per ottenere l’udienza di precisazione delle conclusioni ed infine quello che il giudice impiega per poter scrivere e depositare le sentenze. Nel concreto la modifica rischia solo di comprimere i poteri delle parti, risultando nei fatti pressoché ininfluente sui tempi necessari al giudice per definire il processo.
Superflua appare la previsione dell’emendamento 47.2 essendo, le perizie, ricomprese nel concetto di osservazioni.
Contrarietà ai contrapposti emendamenti 47.10 e 47.3 riguardanti la testimonianza che abbia ad oggetto documenti di spesa già depositati, apparendo, il testo – ferma la contrarietà alla norma – adeguatamente equilibrato.
Contrarietà all’emendamento 47.4 per la sua genericità.
Contrarietà all’emendamento 47.9 tendente a risolvere un problema insorto di applicazione dell’art. 291 cpc nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili
Sulla norma riguardante il filtro in Cassazione, ferma l’opposizione alla sua introduzione per le ragioni più volte espresse da tutti gli operatori (magistrati ed avvocati), si esprime contrarietà agli emendamenti ritenuti ammissibili.
In particolare:
– l’emendamento 48.4 appare in stridente contrasto con i principi processuali e costituzionali vigenti, nonché di complessa ed incerta applicazione pratica.
– l’emendamento 48.4 e l’emendamento 48.5 che sanzionano, anche se con diverse formule, con la non ammissibilità il ricorso ex art. 360, primo comma, n. 5), nei confronti della sentenza di appello confermativa di quella di primo grado, appare inopportuno e foriero di gravi problematiche interpretative, innanzi tutto in quanto esporrebbe al grave rischio di affrettate conferme dell’iter logico-giuridico adottato dal primo giudice (che potrebbero essere anche agevolate dall’essere le stesse sottratte al controllo di legittimità) ed altresì perché la conferma della prima decisione di frequente si accompagna ad un mutamento (totale o parziale) della motivazione. Tale ultima evenienza, oltre a porsi in conflitto con la ratio dell’innovazione (che apparirebbe fondata sulla scelta di sottrarre allo scrutinio di legittimità un iter argomentativo fatto proprio da due giudici diversi), lascerebbe gravemente pregiudicato il diritto di difesa di chi risultasse soccombente anche in appello in base ad una (parzialmente o totalmente) nuova motivazione, che finirebbe con l’essere del tutto incensurabile.
Contrarietà si esprime in ordine all’opportunità di accogliere l’emendamento 49.1 la soluzione proposta pare privare le parti di un utile strumento (quello di richiedere l’integrazione del pignoramento).
Con riferimento all’emendamento 50.1 la sua formulazione appare equivoca e di difficile e controversa applicazione pratica laddove si introduce il criterio “di obblighi di fare fungibili difficilmente attuabili”.
Con riferimento agli emendamenti 53.1. e 53.2, si apprezza lo sforzo di dare tramite gli stessi un senso alla novità introdotta; il primo pare più adeguato.
Con riferimento all’emendamento 53.3 si esprime contrarietà in quanto pur nel condivisibile sforzo di rendere più leggera la sentenza in ottica acceleratoria, occorre comunque salvaguardare l’adeguatezza dell’iter moti
vazionale, che non può pertanto essere limitato al mero richiamo di precedenti conformi (peraltro di difficile conoscibilità se non resi in concreto pubblici).
Con riferimento agli emendamenti riguardanti l’art. 55 (Delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili) si esprime favore per gli emendamenti 55.1, 55. 3, 55.4 tendenti a creare un maggior confronto parlamentare sull’esercizio della delega legislativa; tra gli emendamenti presentati il 55.1 appare quello maggiormente garantista, occorre però integrarlo con la previsione dell’allungamento dei termini per i pareri delle Commissioni.
Condivisione anche all’emendamento 55.5 che sopprime al comma 4, lettera b), numero 2, le parole: “restando tuttavia esclusa per tali procedimenti la possibilità di conversione nel rito ordinario”.
Opportuno appare l’emendamento 55. 6 volto ad eliminare dal comma 4, lettera b), numero 3), le parole: ovvero titolo II del codice di procedura civile (procedimento davanti al giudice di pace), così come l’emendamento 55. 7 che riformula il comma 4, sostituendo la lettera c), con la seguente: “c) nella riconduzione ad uno dei riti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b) il legislatore delegato deve comunque far salve le disposizioni della legislazione speciale che disciplinano attività processuali delle parti o del giudice finalizzate a produrre effetti non conseguibili con le norme del rito a cui il procedimento della legislazione speciale viene ricondotto”.
Di difficile attuazione appare l’emendamento 55.2 volto (previa soppressione della lettera d) dell’art. 55) a creare l’unificazione di tutti i modelli processuali in materia di procedure concorsuali previste dalla legge fallimentare come riformulata dal decreto legislativo 5/2006;
Auspicabile l’emendamento 55.8 tendente ad unificare il rito per il divorzio a quello di separazione, e minori.
Appare più opportuno prevedere e salvaguardare il principio della definizione dei procedimenti pendenti secondo le norme previgenti onde prevenire il prevedibile contenzioso interpretativo in relazione alle conversioni del rito (emendamento 55.9, 55.10 e 55.11); appare invece opportuna l’abrogazione del 70 ter disp. att. c.p.c. .
Contrarietà, anche perché in contrasto con la proclamata riduzione del numero dei riti, avverso gli emendamenti 55.14 e 55.16 (che peraltro appaiono di residua e dubbia utilità) tendenti a limitare all’art. 24 l’abrogazione del societario ed a prevedere che i rinvii alle norme abrogate del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, contenuti nelle disposizioni del medesimo decreto rimaste in vigore, si intendono riferiti ai corrispondenti istituti del codice di procedura civile.
Piena contrarietà all’emendamento 59.1, tendente alla soppressione del comma 5 dell’art. 59, mentre appare opportuno un regime transitorio.
Resta preferibile il testo governativo rispetto a quello proposto all’emendamento 62. 1 in materia di concordato.
Si manda alla Segreteria per la diffusione del presente deliberato.